Dal Pian della Regina si entra in uno stupendo bosco di larici dai mille colori, la pendenza si mantiene dolce fino all’uscita del bosco, dopo di che si inasprisce fino ad arrivare a quattro stupendi tornati ancora in perfette condizioni, i muri di sostegno e i terrapieni sono perfettamente conservati e la carreggiata e perfetta. Da quel punto si può godere di una fantastica vista sulla conca dello splendido Pian della Regina, il sole ormai alto creava dei giochi di luce stupendi e i panorami che ci si paravano davanti erano incredibilmente belli. Da lì in poi, a complicare la nostra marcia, oltre la pendenza della strada ha contribuito la neve. Le nevicate scese nelle settimane scorse, si erano fermate nei punti più in ombra della strada. Però il fascino e la bellezza del paesaggio avevano acquisito maggior rilievo. Dopo aver percorso i quattro tornanti, la strada torna a salire più dolcemente, fino ad un restringimento della vallata, dove si trovano le due opere difensive (la 156 e 155). Prima di arrivarci si può notare sulla sinistra un sentiero che conduceva all’opera 155, ma non più percorribile. L’opera 156 la si trova subito sulla destra, la casamatta e subito individuabile essendo soprastrada, l’entrata si trova un po’ più in basso rispetto alla casamatta, e spostata verso la strada. Prima di continuare la marcia ho deciso di entrare nel bunker. L’ingresso e un cunicolo, si supera una stretta “s” e si continua fino ad arrivare ad una stanza che doveva essere il salone dei soldati, da qui mediante una scalinata in perfette condizioni si arriva all’interno della casamatta dove sono ancora ben visibili i supporti della mitragliatrice. (Il bunker è in perfette condizioni e visitabile senza alcun pericolo, basta una buona pila). Uscito, ho raggiunto il mio compagno che mi aveva aspettato fuori, e abbiamo continuato il cammino verso il passo. L’opera 155 non l’ho visitata in quanto costruita sul versante opposto della valle, per arrivarci c’era da guadare il torrentello e risalire per circa 200mt. Se ci fosse rimasto del tempo l’avremmo visitata al ritorno.
Abbiamo continuato ancora sulla strada innevata fino ad arrivare al laghetto diLausarel 1898 mt , dove poco dopo, sul ciglio della strada, si incontra un larice secolare con un tronco gigantesco dove è posta la targa con il motto del battaglione Dronero “I l’oma fait polissia” che tradotto significa “abbiamo fatto pulizia”. Il posto era spettacolare, e abbiamo fatto una sosta per fare un po’ di fotografie e immortalare quei magnifici paesaggi alpini. Non sapevamo dove guardare, tutto ci sembrava magnifico, il laghetto sotto di noi, contornato dalla neve era bellissimo, con le montagne soprastanti che si ci specchiavano dentro.
Il passo ormai si avvicinava ed eravamo in vista della località chiamata Gias del Piz. Subito dopo il grande larice si trovano sulla sinistra i resti di un vecchio altare da campo militare, la neve presente sul terreno non mi hanno impedito di vedere il vecchio tabernacolo, e il supporto in legno dove era posta la croce. La neve presente sulla strada si era fatta più alta e il cammino iniziava ad essere più difficile e faticoso. Erano ormai 3 ore che camminavamo e visto che il sole era bello caldo abbiamo deciso di fare una sosta per mangiare. Ci rimaneva ancora più di un ora di cammino per arrivare in cima, la neve ci rallentava parecchio la marcia. Erano quasi le 15:00 del pomeriggio ed eravamo in ritardo sulla tabella di marcia. Mentre mangiavo mi guardavo attorno, ammirando le cime delle montagne che ci circondavano, ad un certo punto l’occhio mi è andato sul versante della montagna che portava al passo Scolettas, se avessi tagliato su quel fianco avrei risparmiato tutto il cammino nella neve, in quanto quel lato della montagna era esposto a sud e quindi perfettamente asciutto e senza neve.
Vedendolo da sotto non sembrava una scalata impegnativa, si era un bel dislivello, ma apparentemente mi sembrava semplice. Ho provato a convincere il mio compagno, ma ha rifiutato, era stanco e non se la sentiva di salire da quel lato, avrebbe fatto qualche foto a valle. Ho iniziato la salita e dopo poche decine di metri di dislivello ho capito che avevo sottovalutato la pendenza di quel versante, ho abbandonato l’idea di salire in linea retta, troppo duro e impegnativo, ho iniziato a disegnare un zig zag, che mi faceva salire più lentamente ma con meno dispendio di energia. A tre quarti di salita mi sono fermato per rifiatare un po’, e mi sono accorto solo in quel momento di quanto ero salito in alto, il mio amico era ormai un puntino lontano in fondo alla valle, e la pendenza era davvero impressionante, da li in poi avrei fatto molta strada usando oltre che i piedi anche le mani. Mi sono infilato in un lembo di terra tra due rocce, e da li dopo gli ultimi 50 metri di dislivello, i più terribili, sono arrivato in cima.
Il passo era completamente innevato, essendo esposto a nord, e da lì si vedeva perfettamente la vallata di Pontebernardo. Dopo un bel autoscatto dal cartello dei 2223 mt del passo Scolettas, mi sono diretto verso i tornanti, volevo vedere il curioso tornate in galleria. Scendendo ho superato una vecchia caserma ormai adibita a bivacco di montagna, e subito dopo guardando in basso, rimanevo esterrefatto dal vedere il tracciato della strada militare che portava al passo, gli ultimi quattro tornanti che prima avevo visto dalla valle, ora mi sembravano veramente un opera strabiliante per quel periodo (1936). Quattro tornanti costruiti sul fianco della montana, di cui uno costruito bucandone un versante nella roccia, per evitare le frane e per consentire al tracciato di continuare ad avere una pendenza costante. Mi sono diretto verso la galleria, gli ultimi due tornanti ormai sono crollati, ci sono solo dei piccoli muretti che fanno capire l’ampiezza di quella che una volta era la sede stradale. Un sentiero che inizia nel penultimo tornante porta alla riservetta dove erano costudite le munizioni per le armi che erano piazzate in cima al colle. E’ un piccolo deposito in cemento armato costituito da una grande stanza.
Una volta arrivato davanti alla galleria, superando un grosso cumulo di neve, mi sono fermato un momento per osservare attentamente quell’opera così ardita, aveva dell’incredibile. L’esterno era in cemento armato, mentre all’interno era di nuda roccia. La volta era molto ampia e per quanto possibile abbastanza levigata, e si potevano notare ai bordi ancora le cunette ancora in buono stato. La galleria in tutto non supera i 20-30 metri di lunghezza, è un semplicissimo tornate, ma ha dell’incredibile. Ho continuato a camminare nella neve, che a quella quota era molto alta, (avevo fatto bene a salire dal versante al sole) con molta difficoltà, e finiti i quattro tornanti ho iniziato il sentiero che mi avrebbe riportato dal mio compagno che vedevo a valle grazie al binocolo.
Ma vista la difficoltà a camminare nella neve, e l’ora che si era fatta, ho deciso di tagliare direttamente in discesa il fianco della montagna, ripetendo quello che avevo fatto in precedenza. Questa volta non e stato molto faticoso, ero in discesa! Arrivato a valle, ci siamo incamminati subito verso il Pian della Regina, erano le 16:00 e l’ombra stava scendendo molto velocemente sulla valle, scendevamo guardandoci attorno, i paesaggi grazie alla luce diversa avevano preso altri colori, più bui, ma non per questo meno belli e pieni di fascino. L’ultimo saluto a un stambecco che sembrava aspettarci accucciato su una roccia subito dopo le due opere, e che ci ha accompagnato con lo sguardo vigile fino all’infgresso nel bosco, e intorno alle 17.00 eravamo di nuovo al Pian della Regina, dove l’ultimo sguardo e stato verso la Valle del Piz che ci aveva offerto uno straordinario spettacolo di colori e di natura